Eccomi a pubblicare un’altra intervista del progetto STORIE DI, un appuntamento mensile su Instagram sottoforma di intervista in diretta.
In questa prima intervista puoi trovare lo scopo di queste interviste.
La professionista che ho intervistato in questa quarta intervista è Erika Benedetti, Nutrizionista.
In questa intervista della categoria STORIE di cura, Erika ha parlato di nutrizione intuitiva e dei vantaggi nella scelta di un percorso alimentare di questo tipo.
ERIKA BENEDETTI
NUTRIZIONISTA
Sito web Erika – miodottore.it
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INTERVISTA LIVE
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TRASCRIZIONE INTERVISTA
ERIKA BENEDETTI | N.O4
Ciao Erika e benvenuta, parliamo di nutrizione intuitiva. Ti ho proposto questa tematica perché è estremamente legata alle tematiche che ho affrontato negli ultimi 3 mesi con alcune donne e professioniste del settore cura.
Come prima domanda vorrei chiederti di chiarire qual è la differenza tra nutrizionista e dietista perché spesso si fa molta confusione
Ciao Silvia, per me è un piacere partecipare a questa diretta. La differenza tra le due figure riguarda il percorso di studi.
Il dietista è un laureato in dietistica, ha fatto quindi un percorso di laurea di durata triennale a seguito del quale ha preso la laurea e si è iscritto all’albo dei dietisti.
Il nutrizionista generalmente ha un diploma di laurea in biologia o un titolo equipollente, che significa “equiparabile” per la legge italiana, a seguito del quale, previo superamento dell’esame di stato, si è iscritto all’ordine dei biologi.
Nel mio caso ho una laurea triennale in Scienze Erboristiche e una seconda laurea in Scienze della nutrizione umana. I miei due titoli mi hanno permesso di intraprendere la professione di biologia. In entrambi i casi è necessaria l’iscrizione all’ordine professionale di appartenenza per esercitare la professione. Io sono iscritta all’Albo dei Biologi. per quanto riguarda la scelta del professionista, è assolutamente discrezione del paziente. Consideriamo che ha un ruolo fondamentale il tipo di formazione post laurea, per cui è necessario che sia prima di tutto il professionista che, rendendosi conto di non poter sopperire alle richieste del paziente, comunica l’impossibilità di proseguire il lavoro ed eventualmente lo invia ad un collega.
Il tuo approccio di lavoro è di tipo non prescrittivo, ti andrebbe di definire brevemente i concetti di mindfulness, intuitive eating, coaching nutrizionale e spiegare qual è la relazione tra questi concetti e il tuo approccio?
Dunque, la mindfulness è una modalità di approccio che applicata al cibo prevede che il soggetto si nutra in modo consapevole, completamente connesso a ciò che prova mentre mangia, sia dal punto di vista gustativo, sensoriale, sia dal punto di vista emozionale, concentrandosi sul momento presente. Il soggetto nella pratica di mindfulness si concentra su quello che sta avvenendo mentre mangia senza giudizio, con pazienza e accettazione. Direi che il non giudizio e l’apertura all’esperienza è alla base della pratica mindulness. Ciò prevede che la persona sia molto consapevole di ciò che prova.
L’intuitive eating prevede, per quanto riguarda la consapevolezza sensoriale, l’applicazione di molti aspetti che derivano dalla mindfulness, ma integra principi che contrastano molti pensieri e credenze tipici della “diet culture”. L’intuitive eating si basa sull’applicazione di 10 principi, uno di questi è “contrasta la polizia alimentare”. E’ un principio a cui tengo molto perchè vuole scardinare tutte quelle credenze per cui alcuni cibi sono validi e il loro consumo ci rende meritevoli, mentre altri sono cattivi, il loro consumo ci fa sentire in qualche modo falliti e ci fa sentire in colpa. Altri aspetti che vengono inseriti nei programmi di intuitive eating sono il recupero dei segnali interni di fame e sazietà così come la gestione delle emozioni senza coinvolgere il cibo.
Il coaching nutrizionale è una disciplina nuova, che applica i principi del coaching alla nutrizione. Il coach nutrizionale ti guida ad adottare soluzioni efficaci nella gestione di loop disfunzionali legati al cibo. Ovviamente ciò è fattibile in tutte quelle situazioni in cui non serve un percorso psicologico. La figura del coach nutrizionale non ha in alcun modo gli strumenti di uno psicologo o di uno psicoterapeuta. Per intenderci: chi ha un rapporto disfunzionale con il cibo, ad esempio un DCA, non può rivolgersi ad un coach.
Il mio approccio prevede la fusione di questi tre ambiti, che altrimenti credo che presi singolarmente abbiano dei limiti. Nei miei percorsi ci si focalizzerà sulla consapevolezza durante i pasti, sulle gestione delle sensazioni corporee di fame e sazietà prima di tutto, e, nel caso in cui emergessero delle abitudini disfunzionali, vengono analizzate in modo da dare al paziente strumenti alternativi per modificare quelle abitudini e quindi avvicinarlo al suo obiettivo. Ovviamente nel caso di quadri patologici da risolvere si darà precedenza ad un intervento nutrizionale focalizzato su quello.
Diciamo che in assenza di patologie, nei classici percorsi in cui il paziente chiede il piano alimentare per dimagrire, questo approccio mi permette di fornire degli strumenti che definirei più definitivi: intendo dire che una volta capiti i propri segnali interni e le proprie abitudini da ristrutturare, non servirà più il foglietto con i grammi e il menù!
Sono percorsi che si basano su una cooperazione attiva tra professionista e paziente, in cui fornisco i mezzi ma il paziente si sente libero di esprimersi in modo libero.
Al contrario, nei percorsi tradizionali il lavoro è più prescrittivo: il professionista stabilisce le regole e il paziente le segue.
Per me è molto importante iniziare il percorso con gli obiettivi del paziente ben definiti, altrimenti è impossibile strutturare un intervento efficace.
C’è un motivo particolare per cui hai scelto questo approccio?
Quali sono le conseguenze a lungo termine di un approccio prescrittivo?
Quali sono i vantaggi a lungo termine di un approccio intuitivo?
In realtà da quando ho iniziato a lavorare nel mio studio mi sono accorta che mancava tutta una parte fondamentale. Secondo quello che ti insegnano la persona che hai davanti è un numero: il suo fabbisogno calorico. A me invece interessava porre l’attenzione su tutto il resto, cioè la persona.
Per altro spesso mi chiedevo (e mi chiedo) “ma perché io devo dire cosa mangiare a questa persona??”; intendo dire: è fondamentale avere una linea guida nutrizionale fatta su misura, però mi accorgevo che i pazienti avevano perso completamente l’autonomia di scelta. E io li capisco, perché siamo bombardati da informazioni contrastanti.
Quindi ho deciso di focalizzarmi su un approccio che oltre all’aspetto nutrizionale, curasse anche l’aspetto relativo all’autonomia alimentare della persona. Dopotutto, l’unico esperto dei suoi bisogni è il paziente!
Le conseguenze degli approcci prescrittivi sono quelli che ti ho appena descritto: se per anni qualcuno mi ha detto come fare, io non so più fare da solo. Senza considerare gli effetti relativi al senso di fallimento che accompagna un percorso dietetico andato male, che mina l’autoefficacia e la fiducia di sè.
Un approccio più intuitivo invece guida all’autonomia: se so quanto ha bisogno di mangiare il mio corpo, non avrò motivo di mettermi in dubbio: sto soddisfacendo un bisogno primario!
Andiamo un pò più nello specifico…
Quando ho sentito parlare di alimentazione intuitiva, uno dei primi pensieri è stato: Ci sono pazienti che hanno delle resistenze nel mangiare in modo intuitivo? Perché hanno paura che un approccio di questo tipo “mangio quello che voglio, quanto voglio e quando voglio…le/li possa far rientrare nel meccanismo della paura di ingrassare!?
Assolutamente si! È molto diffuso e spesso ciò avviene quando viene meno la fiducia verso i propri segnali corporei. Se sai riconoscere la fame e la sazietà, e se hai imparato a non definire certi cibi come buoni a altri come cattivi, allora potrai concederti davvero tutto perchè saprai fermarti quando è il caso! però alla base in queste situazioni c’è la bassa fiducia verso i prorpi segnali interni, che in caso di diete dimagranti sono silenziati.
Ti faccio un esempio: Sono a dieta e ho voglia di patatine, non le mangio perché non sono previste dal piano. Poi arriva il compleanno di mio nipote, preparo il buffet e ho davanti il sacchetto delle patatine: mi fa talmente gola che ne mangio mezzo. Se invece mi sapessi concedere poche patatine ma senza privazione, non finirei in questi loop!
Quanto è fondamentale il legame tra alimentazione intuitiva e connessione con il proprio corpo?
La connessione tra le due cose è fondamentale e necessaria. Prima di “mangiare liberamente” infatti si fa un percorso in cui, appunto, si riscoprono i segnali di fame e sazietà che sono alla base dell’autoregolazione!
Dopodichè, si, si può mangiare quanto si vuole ma coerentemente con i propri segnali interni: difficilmente sarà troppo o troppo poco.
Una dinamica di questo tipo si verifica facilmente rispetto a quelli che sono i “cibi proibiti”: se io mi sono privata per anni della cioccolata (ad esempio), ogni volta che potrò farne la scorpacciata non mancherò, e finirò per mangiarne molta. Se invece lavoro sul fatto che non esistono alimenti da evitare, proprio sulla base del fatto che avrò imparato ad assumerne in quantità e frequenza adeguate, allora non ci sarà il pericolo di mangiare troppo! La chiave è riuscire a recuperare un rapporto equilibrato con il cibo, andando a lavorare sulle proprie convinzioni limitanti (es: se mangio tutti i giorni un pò di cioccolata, non dimagrirò).
Quali sono i vantaggi dell’Intuitive Eating sull’immagine corporea?
Uno dei principi dell’ IE è ”rispetta il tuo corpo”. Ci si focalizza sul fatto che il peso non è di fatto un comportamento: non si può definire il corpo in base al nostro peso. La forma del corpo dipende solo in parte dai nostri comportamenti, poiché influiscono anche altri fattori non modificabili, ad esempio la genetica.
Il principio vuole trasmettere la necessità di avere rispetto e fiducia del nostro corpo.
Quindi sarà fondamentale non fare confronti con altri corpi, perchè ogni corpo è diverso, così come non disprezzare il proprio corpo.
Se ci pensiamo il nostro corpo è uno strumento, che ci serve per vivere e fare cose, esperienze. Non è un gioiello, un ornamento. Certo, è necessario prendersene cura ma non al fine di sfoggiarlo per sentirsi migliori di altri, ma per stare bene, in salute e in forze.
Ti va di introdurre un esempio pratico su come lavorare sulla propriocezione interna, e quindi sul senso di fame e sazietà?
Immaginiamoci una paziente che mi riferisce di avere “sempre fame”.
[La paziente lavora part time in ufficio.]
Per prima cosa dovremo capire due cose:
- Cosa vuol dire avere fame
- Cosa vuol dire avere SEMPRE fame
Procediamo con l’anamnesi. Scopriamo che ha fame al rientro dal lavoro (salta gli spuntini) a pranzo e finisce per spiluccare mentre cucina.
Poi pranza e già dopo 1 ora dal pranzo va alla dispensa e mangia patatine, poi dopo un pò un biscotto…e così via.
Proviamo a focalizzarci su cosa succede nel pomeriggio e ci rendiamo conto che in realtà mangiucchia in quel modo perchè si annoia.
Allora proviamo a lavorare su questo e, avendo definito cosa porta la paziente a mangiare, proviamo a trovare alternative che possano risolvere la noia senza il coinvolgimento del cibo (passioni, hobbies, attività ecc).
Per la volta successiva, assegnerò delle schede di monitoraggio per valutare l’aspetto nutrizionale (hai ancora necessità di spiluccare) e l’aderenza alle soluzioni alternative.
Se vuoi ascoltare la testimonianza di Ilenia, una paziente di Erika, ti consiglio di ascoltare la diretta al minuto ***
Quanto è fondamentale per te il lavoro in équipe con altre figure professionali? Ad esempio, un lavoro di affiancamento con la figura dello psicologo.
Spesso è necessario. Se ci pensiamo il cibo ha anche un aspetto relativo all’accudimento, che può dire molto del rapporto che abbiamo con le varie parti di noi stessi, come ad esempio il nostro bambino interiore. Io da sola ovviamente non ho gli strumenti per poter accompagnare il paziente in questo.
Mi rendo conto, per la mia esperienza, che nei percorsi nutrizionali in cui il paziente è impegnato anche in un percorso psicologico, i risultati sono ottimizzati.
A tal proposito…Io ed Erika abbiamo progettato un percorso di consapevolezza emotiva e alimentare che partirà nella stagione autunnale (2024).
Una serie di appuntamenti in cui attraverso esercizi creativi e intuitivi la persona potrà riscoprire le proprie sensazioni e i bisogni lasciati inascoltati.
È un percorso in piccolo gruppo, limitato a 6 persone. Ogni incontro avrà durata di 60/90 minuti (a cadenza settimanale).
Se vuoi entrare in lista d’attesa, puoi scriverci a:
Ti ringrazio per avermi dedicato una parte del tuo tempo, spero che questa intervista possa stimolare altre donne a scegliere di affidarsi a una nutrizionista nel caso in cui sentono di avere una relazione non sana con il cibo.🖤
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